Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/190

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capo primo 165   

giungesse a Gervasio, e tutti e due si studiassero di conservargli in fede la Calabria. Partì tosto Corrado, e corse ostilmente quel paese.

Il Conte di Catanzaro che ciò vedeva, e sapeva insieme che i Messinesi, messo in acconcio un esercito in Reggio, minacciavano da quell’altro lato la Calabria, dal castello di Calanna ove tuttavia era, mosse alla volta di Catanzaro per tener petto all’esercito di Manfredi che marciava a gran passo. E commise a’ suoi capitani Carnevalerio da Pavia, Fulcone Ruffo e Boemondo da Oppido, che accostandosi da Calanna a Reggio, vietassero a’ Messinesi il farsi più avanti. Intanto il Conte si trasferiva da Catanzaro a Cosenza, ove aspettava che facessero la massa le sue truppe, le quali dovevano arrivarvi da varii punti di quella contrada. Quivi gli fu noto nel punto del suo arrivo, che Giordano suo nipote era stato fatto slealmente prigioniero da’ capitani di Manfredi, mentre con salvocondotto da loro ottenuto recavasi da Cassano a San Marco; e che la sua gente era stata disfatta. La qual cosa come prima fu palese al Conte, non dando tempo che si divulgasse in Cosenza, da’ cui cittadini temeva qualche mal giuoco, diede la volta per Catanzaro. Presa ivi sua roba e famiglia se ne scese a Tropea sua patria; donde messa a ordine in un batter d’occhio una saettia s’argomentava di entrare in mare nella vegnente notte. Ma gli andò fallito il tratto; e montò con tutti i suoi sopra alcune barchette di Salentini che a caso vi passavano, patteggiando il nolo di mille ducati; e fece condursi in Napoli presso il Pontefice, che allora vi stava colla sua corte.

II. L’esercito di Manfredi intanto andava conquistando quasi senza contrasto tutti que’ luoghi; e dopo Nicastro tutte le altre castella e città di Calabria se gli arresero. In Seminara stavano riuniti i capitani del Ruffo Carnevalerio da Pavia, Boemondo da Oppido, e Fulcone Ruffo (1255). Costoro furono tentati da Gervasio di passare a Manfredi; ed il Pavia e l’Oppido vi passaron di fatto. Ma Fulcone, ch’era nipote del Conte, ed aveva sugli occhi il fresco esempio del fratello Giordano imprigionato con tutto il salvocondotto, non ne volle sentire. Ritrattosi perciò in Santa Cristina, ivi e nella Motta Bovalina ch’era altro suo castello, si rafforzò; e si fornì a dovizia di armi e di vettovaglie. Gervasio volle corrergli alle calcagna; ma vedendo non potere aver quelle terre senza molto sciupo di tempo, si piegò per Gerace, che senza briga venne in suo potere. Pose poi il campo nel piano di San Martino; donde aveva opportunità di tenere a bada Fulcone, come pure di accennar minaccioso al castello di Stilo, che fortissimo essendo, veniva difeso da Berardo Tedesco;