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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/311

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   286 libro sesto

sone, ma anche le robe loro. Alla dimane due navi turche vennero a’ lidi di Reggio a riconoscerne la posizione e lo stato; ma veduta ogni cosa muta e deserta, se ne ritornarono senza farne altro. Cicala ebbe sospetto non sotto quell’apparente quiete covasse qualche insidioso disegno, e soprastette tre altri giorni ad assalir la città. Finalmente vi si andò accostando, e non vedendo alcun atto di ostilità, si fece ardito a sbarcar cautamente la soldatesca; e schieratala a battaglia la fece procedere verso le porte della Dogana e di San Filippo. Queste furono abbattute a colpi di scure, ed i Turchi, assai guardinghi però, si misero nella città; ma tosto si accorsero dalle vie e dalle case deserte che gli abitatori l’avevano a disegno abbandonata. Appiccarono allora il fuoco a’ migliori edifizii, le chiese profanarono, e le sepolture scoperchiarono, sperando che i fuggiti cittadini avessero in esse nascosti gli ori e gli argenti. E rabbioso il Cicala di non avervi trovato cosa alcuna, che satollasse la sua cupidigia di bottino, sparse al vento le ceneri degli estinti. Entrato nel duomo fece impeto alla tomba dell’arcivescovo dal Fosso, insultando ferocemente alle sacre ossa ed alla memoria veneranda di quel santo Prelato. Disseminatisi poi i Turchi per le vicine campagne, in ogni peggior guisa le devastarono ed arsero.

Delle Chiese di Reggio era assai ragguardevole quella vetustissima degli Ottimati, che allora formava soccorpo alla chiesa più moderna de’ Gesuiti. Questa fu assai guasta da’ Turchi; l’antico quadro dell’Annunziata fu distrutto, rotti i mosaici del pavimento, rotte le colonne di marmo, ed i sedili di legno che eran ricchi d’intagli e dorature di gran prezzo. E se non fu distrutta in tutto come la chiesa soprapposta, ciò provenne dall’esser costrutta sotterra, dove le fiamme struggitrici non potettero farsi il cammino.

VII. Quando questa infernalità si offerse alla vista de’ cittadini, che stavansi celati in quelle vicine collinette, si ripararono alle più alte e lontane parti, ed in gran copia a’ boschi che soprastavano al Convento de’ Padri Cappuccini. Recatisi gli Ottomani pe’ luoghi cespugliosi del Trabucco, menarono i loro occhi per il convento medesimo, e colà si precipitarono per dargli l’assalto. Ma i Cappuccini e quegli altri cittadini che vi si eran ricoverati, fattosi animo, risolvettero di affrontar la rabbia musulmana. Tra i nobili e coraggiosi giovani reggini erano ivi Alfonso Spanò, Francesco Monsolino, Lodovico Carbone, ed il sacerdote Timoteo Tritino. Costoro, unitisi a’ frati, si appostarono armati dietro le mura dell’orto del Convento, e quanti Turchi andavansi approssimando per quella stretta via, tanti ne prendevan di mira ed uccidevano a colpo sicuro. I Bar-