Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/65

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   40 libro primo

aspirazione, e studiò il mezzo di liberar Siracusa dalla servitù. Le sue pratiche cogl’Italioti e Sicilioti divennero calde e perseveranti; nè gli fu difficile volgere i Corintii ad ajutarlo come più potevano, ed apprestò armi e soldati. Condusse ivi a prezzo due navi onerarie, e fattavi montar sopra quanta gente vi capiva, con quelle sole da Zacinto veleggiò per la Sicilia. Alcune triremi ed altre navi onerarie dovevano essergli condotte fra non guari da Eraclide.

Giunto sulle rive siciliane, (Olimp. 105, 4. av. Cr. 357.) non affidato in altro che nelle promesse de suoi concittadini e nel suo ardire, Dione sbarcò senza esitazione a Minoa, picciola città del territorio agrigentino, sotto la signoria de’ Cartaginesi. Ristoratosi quivi alquanto, prese via per Siracusa. Nel suo viaggio, in cui ebbe a fido compagno l’ateniese Calippo, che tennegli mano all’impresa, e partecipò del trionfo, ingrossarono meravigliosamente il suo seguito quanti Agrigentini, Gelesi, Camarinesi, Modicesi ed altri Siciiioti fossero atti alle armi. E loro si congiunse molta parte dei Sicani e de’ Siculi, discesi a bella posta dalle contrade mediterranee. A tutti Dione dava cuore ed incitamento, tutti esortava alla grand’opera di francar la Sicilia. Come fu a Siracusa vi entrò tra le meravigliose feste della cittadinanza, quale persona aspettata con gran desiderio.

V. Mentre queste cose seguivano con inesprimibile rapidità, Dionisio inconsapevole dimorava in Caulonia, e suo cognato Timocrate governava per lui in Siracusa. Questi non sì tosto fu avvisato che Dione era sbarcato in Sicilia, spedì sollecitamente un messo in Caulonia a Dionisio, perchè a tutta fretta corresse in Siracusa a sedare colla sua autorità il già cominciato tumulto. Il messo senza indugio passò sul territorio di Reggio, e s’avviò per Caulonia; ma non vi giunse per un curioso caso avvenutogli, del quale non voglio passarmi tacitamente. Cammin facendo il messo si abbattè in uno di sua conoscenza, che tornando da un recente sagrifizio, seco recava un tocco di carne della fresca vittima; e com’ era uso tra i Greci, fecene parte al siracusano, che la ripose nella sacca, e riprese il cammino. Venuta la notte, cercando riposo alle stanche membra, si stese in un bosco presso la strada, e si addormì. In questa, un lupo, tratto dall’odor della carne, prese carne e sacca in una volta e se le portò via fuggendo. Nella sacca erano le lettere che Timocrate scriveva a Dionisio; e quando il messo, svegliatosi, non si vide allato la roba sua, non sapeva che farsi. Pure accorgendosi di quel ch’era dalle peste della bestia, cercò per ogni canto a raggiungerla, o almeno a trovar le lettere che potevano esser cadute per