Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/97

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   72 libro secondo

sto non ebbero sospetto, intopparono nel guato, e furono tagliati a pezzi da’ Cartaginesi.

XII. D’altra banda i due consoli Marcello e Crispino stavano a campo in Apulia, a non molto da Venosa. Ed Annibale, francata Locri dal pericolo, e desideroso di risuscitar la sua cadente fortuna con qualche nuova vittoria, uscito dalla regione de’ Bruttii si avvicinò al campo romano, risoluto di venire a giornata. Presero la battaglia i consoli, ma n’ebbero il peggio; e Marcello combattendo con Annibale restava ucciso sul campo. Allora brillò al generale cartaginese la speranza che ricominciassero per lui i gloriosi fatti del Trasimeno e di Canne. Ed attendeva impaziente nell’Umbria che Asdrubale, il quale si affrettava a calare dalla Spagna in Italia, venisse a duplicargli le forze. Ma Asdrubale, disceso in Italia, era profligato dalle legioni riunite de’ due consoli Claudio Nerone e Marco Livio. Dopo di che Claudio Nerone, correndo a gran giornate a scontrarsi con Annibale, gittava nel cartaginese campo il capo reciso e sanguinoso di Asdrubale. Non resse a tal fiera vista l’animo di Annibale, e levatosi da campo si raccoglieva addolorato ne’ Bruttii. Ivi si poneva alle stanze presso Crotone nell’ampia spianata del tempio di Giunone Lacinia. Abbandonato il resto dell’Italia, che già si era in gran parte riconciliata con Roma, traeva solo dal paese de’ Bruttii le vettovaglie per la sua gente; ove quanto dava la terra bastava appena all’alimento degli scarsi abitatori. Imperciocchè la gioventù bruttia, tratta dalle native contrade alla guerra, parte era perita in battaglia, e parte, dandola per mezzo alle rapine ed alle arsioni non si soddisfaceva più della vita rusticale, e del sudato, ma tranquillo lavoro delle zolle paterne.

Intanto che molti popoli, i quali tenevano ancora da Annibale, lo andavano lasciando via via, e fra essi i Lucani, in Roma si concepiva e maturava l’ardito disegno di portare il campo della guerra nell’Affrica sotto le mura dell’emula Cartagine. Il console Publio Cornelio Scipione prendeva sopra di sè la magnanima impresa.