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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. II, Fibreno, 1857.djvu/103

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capo terzo 93

tristi, (a cui stava a cuore quel potere straordinario e discrezionale, che li rendeva superiori ad ogni divina ed umana legge) lo spurgo, dico, non veniva mai a conchiusione, perchè mai non terminassero i mali di Reggio.

V. A’ satelliti del Ferri era lecito di violare impunemente i cordoni, era lecito di ripassare a voglia loro dall’una contrada all’altra a far perquisizioni domiciliari, a dir villanie, a stazzonar donne oneste, a procacciar lubrici sollazzi alla foia del loro padrone. Se poi su qualche disgraziato cittadino cadeva un minimo dubbio di aver praticato in luoghi sospetti d’infezione, bastava la testimonianza di quella sbirraglia per esser dannato nel capo senz’altra prova o giudizio. E queste imputazioni colpivano sempre que’ miseri ch’erano astiati dal governatore, o perchè avessero sparlato di lui e de’ suoi fatti o perchè fossero notati nelle lunghe liste de’ sediziosi, o perchè avessero, come che sia, attraversato qualche suo appetito. Costui, che si era dimostrato così accidioso quando all’incipiente morbo potevano far ritegno i rimedii, ed era salutifero il rigore, questo rigore ora inutile ed oppressivo, adoperava sino al sangue. Ma egli intanto uno spurgo, supremo desiderio di tutti, non volle mai che si facesse come doveva esser fatto.

A dì ventuno di marzo venne il Vicario Maony, e tredici colpi di artiglieria il salutarono. Quasi a festeggiare il suo arrivo furono in quel giorno stesso fucilati Antonino Vita e Mariano Suràci, accusati l’uno d’aver lavato in mare, violando la contumacia, un paio di sue brache; l’altro di aver toccato non so che bisaccia infetta in una casa della contrada di Caserta. La dimora del Maony in Reggio tu letificata da’ supplizii di Antonio Bellebuono, e di Giuseppe Bosurgi. Era accusatore e testimone di costoro l’attuario Angelo di Simone; e ciò basta.

Il Bellebuono, d’indole mansuetissima, era tra gli spurgatori de’ più esperti. Una delle sue più gravi colpe si reputava l’aver detto con vivacità che il Ferri non senza coperti fini tirasse in lungo lo spurgo. Nel costui esame furono adoperati tormenti non più conosciuti in Reggio nè prima nè poi. Funicelle, pece liquefatta, solfanelli accesi alle mani, collo legato al ceppo, ferri, manette, flagelli a sangue con pinne di baccalà. Con questi spietati mezzi dilacerarono le carni dello sfortunato Bellebuono; ma egli stette fra tanti strazii imperturbabile, e nulla rispose alle inchieste de’ suoi manigoldi: stette, e tenne gli occhi o levali al cielo o avvallati alla terra, ed andò incontro a morte con quella calma e rassegnazione, che solo i veri cristiani conoscono e praticano.