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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. II, Fibreno, 1857.djvu/117

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capo quarto 107

viscere della terra un orrendo fragore; un momento dopo la terra stessa orribilmente si scosse e tremò. In quel momento medesimo cento città o non furono più, o dalla primiera forma svolte, quasi informi ammassi di spaventevoli mine, giacquero. In quel sempre orribile, e sempre lacrimevole, e sempre di funesta rimembranza momento, più di trentamila umane creature rimasero ad un tratto morte e sepolte. Quale passo da tanta quiete a tanto spavento! Quale conversione da tanta allegrezza a tanto pianto! Quale differenza da tante vite a tante morti!

«Le raccontate scosse squassarono con violentissime urtate la terra. Di quando in quaudo alcune scosse minori si sentivano, e fra di loro un perpetuo ondeggiamento, un andare e venire più o meno manifesto della terra, come se ella divenuta fosse fiottosa; e per cui non pochi travagliavano di quel molesto male che affligge ne’ viaggi marittimi coloro che non vi sono avvezzi.

III. «Or chi potrebbe ridire la varietà degli accidenti in tanto conquasso? Voltandoci verso il Faro diremo il fato di Palmi, Seminara, Bagnara e Scilla. Case, edifizii, manifatture, palmenti, fattoi, conserve da uva e da olio, quanto la natura avea prodotto di più grazioso, quanto l’arte di più utile, tutto distrusse in Palmi il giorno de’ cinque di febbrajo. Milaquattrocento persone vi perirono. I barili e le anfore contenenti l’olio, fracassati e spezzati, tanta quantità ne sparsero, che per lo spazio di alcune ore ne scorse un rivo al mare. Quest’olio misto alle biade che si corruppero, ed ai cadaveri che si cancrenavano, contaminò l’aria di maniera che si destò una febbre di estrema ferocia, la quale tolse di vita la più gran parte di quelli che avanzati erano dalla furia del terremoto.

«Doloroso fato oppresse Seminara, città bella pel sito e per la industria degli uomini. Dalle più umili alle più magnifiche case, dai luoghi più profani a’ più sacri non s’incontrarono più, dopo il terremoto de’ cinque febbrajo, in quel desolato soggiorno che o ruine compiute, o fabbriche rovinevoli, ridotte in miserando rottame e disperse da quell’irresistibil turbine sotterraneo. Dai cupi abissi sorse un soqquadro tale che quello che bellissimo era a vedersi, orrido divenne e spaventosissimo. Bagnara fu distrutta; tutte le sue fontane nel fatale insulto del terremoto in un sol momento si disseccarono. Scilla, nelle antiche favole terribile a’ naviganti, bene diè materia di real terrore a chi vi fu ed a chi non vi fu, nel sovvertimento delle Calabrie. Scilla non è altro che un alto scoglio che, posto a rincontro della vorticosa Cariddi, s’inoltra a guisa di punta nel mare, e lo fende formando su’ due suoi lati due curvi seni, l’uno volto