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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. II, Fibreno, 1857.djvu/129

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capo quinto 119

ajuto compilò con operosa assennatezza e circospezione le informazioni sopra tutti i ricorsi. Nè penò molto il Dusmet ad accorgersi che Reggio era in profonda quiete, e che solo le calunnie dei tristi cercavano far valere il contrario. Si affrettò quindi di esporre al Sovrano che non poteva desiderarsi più plausibile lo stato della città; nè abbisognava di alcuno straordinario spediente. Di che l’animo del Re, turbato già tanto dalle fosche relazioni del de Gregorio, ebbe a rimanere assai soddisfatto. E sarebbesi sospesa la partenza de’ trecento soldati, se non fossero già partiti da Napoli sul Tancredi; ma giunti in Messina, trovarono ordine del Dusmet che ivi dovessero trattenersi, perchè la loro presenza in Reggio non era punto necessaria.

Intanto questo fare del Dusmet, che andava diritto a trovare il bandolo della matassa, non tornava bene al Musitano il quale già si accorgeva che i bei tempi del de Gregorio andavano a mutarsi in burrascosi; vedeva che forse anelerebbe a cadere e’ proprio in quella rete, che con tante coperte insidie aveva altrui tesa. E come chi sentendosi già addosso i brividi della morte, pur si dibatte, e spreca ogni sua estrema forza per afferrarsi alla vita che fugge, così il Musitano di posta in posta avviava denunzie velenose al Re, quali in suo proprio nome, quali in nome della città, e quali anonime. Tutti i cittadini di maggior credito erano da lui tassati (come allora dicevasi con brutto gallicismo) di masoneria; gli illibati, gli onesti, gli amici dell’ordine erano chi a lui somigliavano. A tutti questi carichi cercava dare maggior peso il de Gregorio, recandosi ogni giorno a grattar la pazienza al Ministro della guerra. Il quale non solo non davagli buona cera, ma rimetteva via via al Dusmet tutte le carte che circa questa materia gli pervenivano da Reggio. Fra queste si trovò uno scritto firmato dal Padre Barbuto frate Paolotto, uomo già stolido per decrepitezza, e che avrebbe dovuto pensare più all’altro mondo che a questo. Denunziava al Re molti nomi di cospicui Reggini, ch’e’ diceva masoni; al che era stato indotto, forse contro sua voglia, dalla fazione gregoriana e musitanesca. Chiamato a disaminarsi non sapeva provar nulla, si contraddiceva, si ripigliava, negava: onde fu tenuto per matto e mandato in malora.

II. Ma gli avversarii d’ogni bene continuavano nella loro opera infernale. Pietro Musitano aveva un figlio che valeva tant’oro: si chiamava Gregorio, ed era tenente dei Miliziotti, ed aiutante interino del comandante della piazza. Di forme personali e di costumi era il ritratto del padre, sputato e pretto. Anch’egli aveva consar-