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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. II, Fibreno, 1857.djvu/63

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capo sesto 53

gilava con cent’occhi que’ mari. Laonde il nono giorno di agosto del 1719 la guarnigione spagnuola si arrese; ma però la cittadella continuava ad esser difesa strenuamente da Luca Spinola. Il quale contuttociò dalla carestia delle cose più bisognevoli alla vita e delle munizioni fu necessitato a capitolare ivi a pochi giorni, e sgomberò la fortezza con tutti gli onori di guerra (1720). Messina fu severamente castigata dell’aver con assai facilità schiuse le sue porte agli Spagnuoli, e si trattò di mandarla a sacco, ma se ne redense con un milione di scudi. Da ultimo Filippo V, avendo aderito al trattato della quadruplice Alleanza in gennajo del 1720, e sottoscritta la pace, il conte di Mercy fece intimazione al generale spagnuolo che dentro un termine posto avesse ad uscir di Sicilia. Gli Spagnuoli lasciaron l’isola in giugno, seguiti da cinquecento siciliani, che volontarii trasmigrarono; ed il nuovo governo confiscò loro tutti gli averi.

IV. Dentro l’anno 1721 il popolo reggino, a cui già grandemente increscevano le gravezze del governo de’ patrizia che passavan peso e misura (massimamente nella ripartizione delle tasse fiscali, le quali si facevan tutte cadere sulle classi inferiori) cominciò a far il viso dell’armi. E trascorrendo dall’irritazione al tumulto, circa due migliaja di cittadini armati, a cui vennero a fare spalla parecchie altre centinaja di villani della Sbarra e di Sasperato, s’indirizzaroo minacciosi alla casa del Governatore Domenico Capecelatro, cui credevano, non senza motivo, fautore di tali domestiche oppressioni. Ma accorso opportunamente il barone di Pretewitz comandante della Piazza, uomo valoroso insieme e considerato, colla sua autorità e co’ suoi soldati impedì che quella sedizione avesse altro seguito. E sperimentato avendo negli ammutinati un sommo ossequio, al nome del Re, e medesimamente un gran rispetto a’ regii uffiziali, si avvide che il malumor popolare nasceva da intime magagne, non da malignità di partiti; si avvide che quel malumore proveniva dal tristo governo della città, che imponeva il più gran peso delle pubbliche tasse sugli artigiani e su’ campagnuoli. Ordinò quindi che per allora fosse data una convenevole soddisfazione a malcontenti, e che nel resto si rimettesse il giudizio e decisione di quell’affare alla gran Corte della Vicaria, ed al Sacro Consiglio. Dissipatosi pertanto quel commovimento, e ritiratosi ciascuno alla propria casa, cominciarono a vedersi i soliti effetti di tali sommosse abortive. Poichè or l’uno or l’altro de’ capi sotto varii pretesti fu preso e chiuso in prigione, e poi trasferito in Napoli nelle carceri della Vicaria. Questi esempii di rigore misero in gran costernazione tutti gli altri com-