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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. II, Fibreno, 1857.djvu/67

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capo primo 57

confederati in Italia fu eletto Generalissimo re Carlo Emmanuele; e l’Italia in ogni suo più rimoto angolo sonò d’armi e di guerra. L’Austria non postergò di preparare a valida difensione i suoi Stati italiani, e massimamente questo Regno; alla cui occupazione la Spagna si affaticava con ogni sua industria. E l’Austria, che già da buon pezzo presentiva inevitabile una rottura colle dette Potenze, erasi sin dal 1730 adoperata a fortificare, come si potè il più, il litorale del Regno. A questo effetto nell’aprile di quell’anno era venuto in Reggio a visitar le fortezze il Comandante delle truppe imperiali in Calabria conte Girolamo Adamo Formentini. Il quale fece riattare le vecchie trincee dalla parte del lido, ed una nuova ne piantò al Castelnuovo, e racconciò in buona forma le mura torrionate della città. Fece fare anche altre opere esterne, per le quali dovettero mandarsi a terra moltissime case fuori porta Mesa. Questi lavori furono diretti e sopravveduti dal capitano di artiglieria Giacomo Gullì, della cui opera ed abilità non poco si giovò il Formentini; e gli affidò l’ispezione e maneggio non delle sole batterie di Reggio, ma anche di tutte le altre che furon piantate lungo la riviera di Calabria, di rincontro alla Sicilia. Le trincee di Reggio, che a principio erano state costrutte di pietra, arena e fascine, furon poi rifatte di pietre e calce, e rivedute dal conte Valles, Generalissimo delle armi in Sicilia, e governatore di Messina.

L’Infante Carlo frattanto nel febbrajo del 1734, congiuntosi col Montemar al campo generale di Siena, marciava a gran giornate verso il Reame. Una flotta spagnuola incrociava a vista di Civitavecchia, ed alcune navi, distaccatesene il venti di marzo, prendevano le isole di Procida e d’Ischia. L’esercito spagnuolo si avanzò senza intoppo per terra, schivando Capua, sino a S. Angelo di Rocca Canina. In Napoli il fermento era già grandissimo e minaccevole, e poco mancava che traboccasse ad aperta ribellione. Onde il Vicerè Visconti, che vedeva imminente un rimescolamento di cose, mise la sua famiglia sulla via di Vienna; ed egli si tramutò in Gaeta, e da ivi in Avellino, e poscia in Barletta. Ridotto finalmente agli estremi (poichè i popoli andavano sollevandosi dietro i suoi passi) chiamò alle sue bandiere tutti i banditi ed i condannati. Ma con tal disperato spediente, a vece di ritardare il suo crollo, non fece che raddoppiar la confusione ed il disordine.

II. Carlo procedette, senza trovare avversarii, sino a Maddaloni, dove una deputazione di nobili cittadini recossi a complirlo, e presentargli le chiavi di Napoli. Entrarono tosto in questa metropoli tremila Spagnuoli, ed a’ dieci di maggio l’Infante vi fece il suo trion-