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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. II, Fibreno, 1857.djvu/78

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   68 libro ottavo

scriversi, possono da ciascuno immaginarsi. L’Arcivescovo proibì che le chiese restassero aperte, ed ingiunse che si formassero altari sulle vie pubbliche, acciocchè ognuno dalla propria casa potesse udir messa. Stando così le cose, il Governatore non sapeva a qual partito appigliarsi, nè vedeva qual rimedio potesse più efficacemente mitigare la pubblica calamità. Elesse a Deputati uomini de’ più riguardevoli e virtuosi, per vegghiare a lor potere su tutto e su tutti; e pose un lazzaretto per la gente infetta.

In questo mezzo il Vicario generale Maony, ch’era ormai giunto con due mila uomini a Scilla, sentendo infierir la peste in Reggio, dispose alacremente che fosse formato un rigoroso cordone da Scilla a Fiumara, Calanna, Cerasi, Cardeto, scendendo alla marina della Motta per la contrada di Martino. Aveva altresì messo ad ordine uno strettissimo cordone da Squillace a Sant’Eufemia, fatto di fossati e di palafitte, e custodito con tal diligenza, che nessuno potesse uscirne. Così Reggio restò al tutto segregata da ogni commercio e comunicazione cogli altri paesi. Dopo ciò il Maony fece bando: che niuno, pena la vita, potesse uscir di Reggio, nè per mare nè per terra; che tutte le barche pescherecce e di piccolo traffico fossero tolte da riva, ed internate in un punto guardato della città: che uno stretto cordone, facendo capo dalla chiesa della Cattolica segregasse la parte settentrionale della città dalla meridionale. Al lazzaretto degli appestati furono destinate le case di Paolo Marrari dietro il Trabocchetto; a quello de’ sospetti di peste furono acconce alcune case nelle più prossime campagne. E senza pensar più oltre in quel subito, nè a provveder di viveri que’ locali, nè di un medico nè di un farmacista, nè di un sacerdote, si ordinò a precipizio che gl’infermi ed i sospetti fossero avviati al luogo loro stabilito. Ma a quegl’infelici, fulminati dal morbo, ed abbandonati dagli uomini, soccorsero a tempo due pietosi Cappuccini Padre Paolo Moschella da Reggio, e Fra Mansueto da Mosòrrifa; i quali accesi di zelo ardentissimo e di carità cristiana, consecrarono la loro vita a prò di que’ pazienti. E si chiusero volentieri nel lazzaretto, e sollevando le altrui sofferenze co’ conforti che porge a dovizia la pietà evangelica, prestavano ogni loro cura, e spirituale e corporale, agl’ infermi; de’ quali già moltissimi eran trapassati di stento, e senza poter sentire la consolatrice parola de’ ministri del Signore. Incoraggiati dal costoro esempio due Padri Riformati, Pietro da Santagata, ed Antonio da Siderno, entrarono nella parte incordonata della città dalla chiesa della Cattolica a porta Mesa, per assistere que’ poveri ammalati e moribondi, cui i Parrochi ed i Sacerdoti, dimentichi dell’altissimo loro