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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. II, Fibreno, 1857.djvu/98

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   88 libro ottavo

governo, e ad averne certezza spedirono pattuglie nella Sbarra ed in S. Caterina, ove trovarono i paesani in tale tranquillità, che chi nol sapesse non avrebbe potuto raccogliere alcun indizio d’essere stati pur dianzi in sommossa.

Il dodicesimo giorno di agosto si emanò un bando del conte Maony, con cui s’imponeva a tutti gli abitanti del Comune di Reggio di consegnar le armi dentro dodici ore nella casa della città, dove stavano uffiziali incaricati a riceverle. Su quest’ordine si fece un gran dire, e dapprima la gente se ne mostrava renitente e dubbiosa, specialmente gli Sbarroti; ma poi pensando che la sacra parola dell’Arcivescovo non sarebbe mai per venir meno, si disposero all’ubbidienza. E tutto quel dì ed il seguente quasi ogni arma fu docilmente consegnata: onde le Autorità nostre, non vedendo più cagione di star sull’avviso, fecero ritirar le sentinelle e le guardie svizzere dalle porte e dalle mura della città; e con parole di pace facevano coperta a’ fieri disegni che stavano maturando. Ritornò il fiato a’ birri ed all’assessore Angelo di Simone, e dal castello, ove si erano accovacciati, tornarono allenati al loro mestiere. L’aria cominciava ormai a farsi fosca per gl’incauti paesani, che credevano ogni cosa finita, dimenticato il passato, sereno e riposato l’avvenire. Ma così non era.

Di notte tempo, quando tutti dormivano affidati nelle assicurazioni amorevoli del loro Prelato, eccoti una smannata di birri, guidata da Angelo di Simone, ed affiancata da’ soldati svizzeri, correre improvvisa alle case di quelli ch’eran dinotati capi della sommossa, ed ammanettare Francesco Marra, Giovanni Lombardo, e non pochi altri. Ciò produsse nel paese una costernazione indicibile, e fece travedere un nuovo periodo di sventure e di dolori. Reggio diventò desolata: chi si chiudeva in casa propria, chi si nascondeva nell’altrui, chi fuggiva rattamente dalla città. Tutti si rammaricavano della loro trista sorte, tutti ricorrevano all’Arcivescovo ch’era stato il loro protettore, il loro mallevadore, il padre loro. Lui chiamavano a protestare altamente, con tutta l’indipendenza del suo ministero, contro l’infrazione della data fede, contro il mancatogli rispetto, contro il pubblico oltraggio.

II. Quanto questi vivi lamenti abbiano trafitto il mansueto animo del Polou, lascio altrui pensarlo. Gli pareva esser complice della cattura di que’ cittadini, gli pareva che tutti, ed a ragione, si mettessero in mal animo contro di lui, e lo reputassero autore di nuovi infortunii. Pieno di questi fastidiosi pensieri, andò di persona a farne risentimenlo col Preside e col Maresciallo; ma costoro, dati gli or-