Pagina:Specchio di vera penitenza.djvu/268

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240 trattato dell'umiltà

primo si è spregiare il mondo; il secondo si è non spregiare persona; il terzo si è spregiare sé medesimo; il quarto si è spregiare1 d’essere spregiato. San Benedetto pone nella Regola sua dodici gradi della umiltà, contrarii a’ dodici gradi di superbia, dei quali è detto di sopra nel trattato della superbia.2 Il primo grado d’umiltà si è: col quore e col corpo mostrare sempre umilità, tenendo gli occhi a terra; ed è contrario al primo grado della superbia, che si chiama curiosità, per la quale l’uomo disordinatamente va guatando in ogni luogo col capo levato. Il secondo grado è: poche parole dire, e quelle sieno ragionevoli, e non ad alta boce; ed è contrario al secondo grado della superbia, che si dice levità di mente, per la quale altri parla di soperchio con parole d’orgoglio. Il terzo grado d’umiltà si è: non essere pronto a ridere agevolmente; ed è contrario al terzo grado della superbia, che si chiama isconcia letizia. Il quarto grado d’umilità si è: tacere infino a tanto che l’uomo sia domandato; ed è contrario al quarto grado della superbia, che si dice iattancia,3 per la quale altri favella soperchievolmente,4 vantandosi. Lo quinto grado della umilità si è; tenere quello che la comune regola del monasterio tiene; ed è contrario al quinto grado della superbia, che si chiama singularità, per la quale altri vuole parere migliore che gli altri, faccendo alcuna cosa che non fanno gli altri. Il sesto grado d’umilità si è: credere e affermare5 d’essere più vile che tutti gli altri; ed è contrario al sesto grado della superbia, ch’è arroganza, per la quale altri si pone dinanzi e sopra a gli altri. Il settimo grado d’umilità si è: confes-

  1. Ediz. 95: non si curare.
  2. Sembrano tra le parole aggiunte per altri quest'ultime: nel trattato dell superbia, che nella stampa del Salviati e del nostro Testo non si leggono.
  3. Nell'edizione del primo secolo: iactantia.
  4. Nella stessa: para superficialmente.
  5. Preferiamo come più semplice la lezione del Manoscritto, approvato ancora dal Salviati. L'ediz. del 25 ha: e dirlo colla bocca; e, rafforzando, quella del primo secolo: et dirlo col cuore et colla bocca.