Pagina:Sperani - Tre donne, Milano, Galli, 1891.djvu/248

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Assolutamente in quest’ultima novella c’è tutto Bruno Sperani, ed io suo ammiratore, non ho altro ad aggiungere.

(Rivista Contemporanea).

A. Lauria.


Il Romanzo della Morte, 1890.

Titolo grave, tetre pagine, dense di una semioscurità, faticosa alla mente del lettore. Favola pressochè nulla, immaginazione forte, razionale del sentimento, serena noncuranza di tutto ciò che non è pura anatomia del cuore. Opera di donna, ma non letterariamente femminile, vigorosa anzi e sentita, evidentemente dovuta ad un forte ingegno e ad una salda coscienza letteraria. Bruno Sperani (nessuno ignora più il nome reale dell’autrice) ci ha da qualche anno abituati a quel genere speciale d’arte spregiudicata, della quale la donna che l’ha adottata si fa banditrice, più presto talvolta e con più vibrato accento dell’uomo. Nel brusco, scabroso argomento del suo romanzo, l’autrice è entrata di piè fermo, senza esitanze, senza falsi pudori, l’ha vigorosamente afferrato, lo ha reso, denudandolo. È facile avvertire ch’essa non teme quello strano fatto determinante ch’è ad un tempo l’intreccio dell’opera e il nodo della questione. Sin dalle prime pagine, lo accampa, determinata, mette di fronte ad una vittima che non si osa chiamare colpevole, un’altra vittima innocente, e questa deve esser partecipe dell’ingiusta punizione. È tutta una cieca congiura