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bile: quell’impressione fulminante l’aveva come irrigidita. E la tenerezza, il rimpianto non avevano ancora avuto il tempo di rammollir la sua fibra.

Una febbre ardente le faceva battere i polsi: lagrime infocate che non potevano scorrere bruciavano le sue palpebre.

Tradita, dimenticata, derisa: quest’era il premio che le toccava dopo aver tanto amato.

Non pareva più lei: imprecava, malediceva cielo e terra.

Ma la terra le mandava incontro come un sorriso di scherno, i dolci profumi della sua vegetazione in fiore: il cielo pioveva sulla sua fronte i mille raggi dei suoi astri.

No, la natura non si commoveva alle sue maledizioni, come non la avrebbero commossa le sue lodi più fervide.

Immutabile e eterna essa le schiudeva il tesoro de’ suoi splendori, a lei tradita, come alla sua rivale felice.

Ma lei avrebbe voluto versare un oceano di fiele sulla terra che le pareva beffardamente festiva, un oceano nero che salisse fino alle più eccelse sommità dèi cielo.

Impotente collera, e vana. Ella non poteva che avvelenar sè stessa.