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— Oh! che signora! che buona signora! — andava esclamando gonfiandosi tutto.
Le due vecchie zie Mandelli trovavano Cleofe troppo infatuata di quei borghesucci, e si guardavano di sottecchi, aspettando di andare a casa per vuotare il sacco delle critiche.
All’altra estremità della veranda si era formato un gruppo più colorito.
Annetta e Palmira, due varietà del medesimo tipo di bellezza comune e di giovanile baldanza, si tenevano per la vita, appoggiandosi col dorso al parapetto della terrazza. Una, bionda; l’altra, di un bruno chiaro; irregolari nei lineamenti, ma fresche ed animate, con grandi occhi italiani, seni esuberanti e vitine sottili, erano fatte per intendersi nel mutuo apprezzamento delle proprie qualità. Con Paolo Brussieri da una parte e il gaio Fortini dall’altra, esse discorrevano allegramente, ridendo per un nulla, baciucchiandosi di tratto in tratto, parlandosi all’orecchio. Tenerezze, codeste, che provocavano gli scherzi un tantino sbrigliati dei giovani.
— Niente di male, si fa per chiasso — rispondeva il farmacista se qualcuno gli dava sulla voce.
Altri uomini e signore del vicinato facevano corona, e la notizia che la Palmira e il farmacista si fossero intesi così di primo acchito, circolava sommessamente suscitando ogni sorta di commenti.
— Due matrimoni in un colpo; due paia di piccioni a una fava — bisbigliavano i soliti spiritosi.