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nell’ingranaggio 121


L’Avvocatino, che si era fatto livido di rabbia e stringeva i denti, fingendo di sorridere, rimase un momento perplesso.

— E se m’ingannaste? — sciamò dopo un momento di riflessione, ricuperando ardire e speranza. Se fosse tutto una vostra invenzione?... Avete pensato, o Signora, ch’io posso ritornare, e vendicarmi in mille maniere?...

Edvige lo guardò con tale espressione di disgusto e dolore, che Gilda si sentì scossa, e voltò via la testa.

— Oh, si! ci ho pensato — disse la signora Pianosi con una calma glaciale. — Ho pure pensato che voi potreste dubitare delle mie parole, e che questo vostro dubbio farebbe la mia involontaria ma giusta vendetta. Sentite: io ho cercato di salvarvi, non so nemmeno io per qual sentimento: se voi non mi credete, tanto meglio per la giustizia: andate a vedere!

Ma poichè in quel memento passavano alcune persone della buona società, fra le quali un negoziante che la salutò, ella riprese la conversazione interrotta con Gilda, rivolgendosi anche all’Avvocato con la più squisita cortesia.

Queste intanto aveva riflettuto meglio. Non poteva diffidare di Edvige: in tanti anni di relazione ella non lo aveva mai ingannato; aveva fatto per lui tutti i sacrifici, aveva sopportate tutte le torture della gelosia; era cosa sua, e quella era forse l’ultima e la più grande prova d’amore che gli potesse dare.

Strano fenomeno! questo breve riepilogo di un lungo amore, che lo aveva ristucco, questo attestato di fiducia rilasciato, nel fondo della coscienza