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nell’ingranaggio 177

ciata una cappa di piombo. Si buttò bocconi traverso al suo letto e lasciò scorrere le lagrime che frenava da parecchie ore con supremo sforzo. Non aveva ancora mai provato uno spasimo così acuto: una tristezza così tetra non si era mai impadronita dell’anima sua. Quello che la prostrava era lo scoraggiamento completo, la morte della speranza.

L’abbattimento che aveva notato sul viso di Giovanni, quelle due lagrime che avevano fatto tanto impressione a Lea, la mano ardente e arida che ella aveva sentito tremare nella sua, tutto le diceva che egli soffriva mortalmente.

Vederlo soffrire così e sentirsi penetrare a poco a poco dal convincimento che tutto il suo amore, tutta la sua abnegazione, non potevano, non che renderlo felice, nemmeno sollevarlo dal suo abbattimento, questo le toglieva tutto il suo coraggio.

Ma anche pensando a sè stessa, doveva persuadersi che aveva peggiorata la propria condizione, che Edvige l’aveva ricondotta in casa per tutto suo comodo, per farsene in certo modo un usbergo contro il risentimento di suo marito; ma che forse era già pentita, poichè non le risparmiava le umiliazioni e la trattava con diffidenza.

E lei non poteva reagire, perchè, voglia 0 non voglia, quella donna era la sua padrona, e finchè Giovanni non la scacciava, bisognava obbedirla e rispettarla al pari di lui.

Tuttavia ella si sarebbe rassegnata anche a questo: fin dalla prima sera in cui lo aveva riveduto dopo quella dolorosa e lunga separazione