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178 nell’ingranaggio

ella s’era giurata di sopportare tutto per lui, di sacrificargli tutto: libertà, onore, vita, senza pensare mai a sè, senza chiedere nulla per la propria soddisfazione, immaginandosi di trovarla tutta in quel grande sentimento del sacrificio completo, fatto al suo unico amore, nell’annichilimento, nell’assorbimento di tutte le sue facoltà in un solo pensiero.

Peraltro, in questo bel sogno era sottinteso che Giovanni dovesse essere felice. E poi, vi doveva essere in tutti i loro rapporti, nei loro cuori, come nella loro vita, qualche cosa di celestialmente sereno, di poetico, di ideale, che invece, alla prova della realtà, mancava assolutamente.

La realtà portava con sè qualcosa di fosco, di pesante, di falso; una quantità di particolari prosaici, fastidiosi. Ella sentiva troppo quella differenza, e invano si ribellava contro sè medesima e vanamente cercava di illudersi. Pensava ai primi mesi della loro convivenza, allorchè i loro cuori si erano lasciati prendere da quella invincibile tenerezza; pensava alle poche parole che si scambiavano, e ai lunghi sguardi penetranti con cui s’intendevano.

Dopo, durante il tempo della separazione, ella aveva tanto ripensato a quel loro linguaggio misterioso, ci aveva messo dentro tanta ebbrezza e tanta felicità, che aveva fatto il bel sogno di poter vivere così tutta la vita, senza turbamenti, senza angosce, in una idealità sublime di amore eterno ed etereo.

Anche adesso, nei momenti in cui si trovavano insieme, i loro occhi dicevano le stesse cose, con più potenza, con più passione; erano due correnti