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nell’ingranaggio 321


Giunta al ponte si arrestò un momento; si appoggiò al parapetto, si guardò intorno; il suo sguardo si fermò sull’ombra densa del castello antico; ma il posto non le parve adatto.

Qualcuno poteva passare improvvisamente, sorprenderla.

Riprese il suo cammino per andare all’altra estremità del paese, dove il fiume torna tranquillo, dopo di avere ricuperata la propria libertà, al di là dei vasti edifici, e dopo di essere ritornato nel suo letto naturale, balzando e spumeggiando. Ella conosceva il paese, per esservi stata una volta in vacanza a trovare la Eva Martinelli, la sua amica più cara, che aveva uno zio filandiere. Questa circostanza le si affacciò un momento al pensiero, passando davanti alla filanda del signor Gustavo Martinelli; un momento ebbe la visione netta dell’interno della casa, degli orti; e rivide il viso gaio di Eva e il suo sorriso spensierato, ma senza farvi quasi attenzione, per pura meccanica della memoria.

Ora aveva fretta, pensava che il treno filava con la sua spaventosa rapidità e ch’ella voleva raggiungerlo.

Finalmente arrivò a un punto solitario, nella campagna dove l’acqua scorreva dolcemente, fra due spiagge guernite d’alberi dimentica dei trambusti passati.

Pensò involontariamente che quel posto doveva essere bellissimo in primavera, e sospirò.

— Oh Giovanni!

Che belle passeggiate avevano fatto insieme a Aix-les-bains!

Come erano felici allora!