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ombre vagolanti piene di mistero: ombre di creature scampate miracolosamente alla fiera pestilenza che doveva avei distrutto quel popolo, deserte quelle case.

Di tratto in tratto egli si fermava a guardare l’erba cresciuta tra pietra e pietra, in certe piazzette, in certi cortili umidi, freddi; e gli usci chiusi, le finestre sbarrate.

Qua e là, una bottega sepolta nel sonno e nell’ombra, aspettava invano un compratore.

E a lui veniva voglia di essere quell’aspettato, di entrare e chiedere un abito completo del tempo della prima crociata. Dovevano averne di genuini, ed egli si figurava di girare per Bergamo, in quell’abito medioevale, assai più intonato con l’ambiente.

Nella casa del fabbriciere, casa vasta, antica e rimbombante, il pranzo fu succolento grave e lungo. I convitati, due preti ed un altro fabbriciere, collega del padrone di casa, mangiavano con raccoglimento e bevevano sodo, da buoni bergamaschi. Di tratto in tratto qualche frizzo pesante come le vivande, sollevava le grasse risate.

Finalmente, arrivata l’ora di ritirarsi, l’ospite accompagnò il maestro in una ampia camera, dov’era un letto immenso, e pochi mobili severi.

L’ombra era interrotta da quattro candele di cera, alte, da catafalco, con effetto funereo.

Inconsciamente il maestro rabbrividì. Si vide morto in quel letto; ebbe il senso aspro della fine suprema; una intuizione profonda del nulla.

Presto però il suo spirito arguto riprese il sopravento, ribellandosi alle tetre immagini. Sorrise, pensando come avrebbe raccontata quella scena agli amici; e, trovato un