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prima di aprire voleva sapere chi era, e cosa volevano a quell’ora.

Un telegramma!

Io presi la carta presentatami dal fattorino e firmai la ricevuta quasi come in un sogno. Guardavo il misterioso dispaccio senza romperne il suggello, trattenuta da quella paura dell’ignoto che assale ogni cuore di donna dinanzi ad un telegramma non aspettato. Gli uomini ci sono avvezzi, loro: hanno tutti più o meno affari; ma per noi donne il dispaccio telegrafico è quasi sempre un visitatore temuto, al quale si legano impressioni penose, ricordi lugubri.

Finalmente la mamma aprì la busta e lesse le due o tre linee di stampato.

Ah! il cuore non mi aveva ingannata!

Veniva da Torino quel dispaccio, ma non era del babbo. Un amico di lui ci annunciava, in quello stile oscuro e brutale ad un tempo, che il babbo era ammalato, e ci pregava di recarci subito presso di lui.

Ammalato?... Se ci aveva scritto il giorno avanti, se stava bene!

Era possibile?...

Istintivamente ci si stropicciò gli occhi e si tornò a rileggere. Diceva proprio sempre a quel modo! Bisognava partire subito.... Subito?... Quando subito?... Era suonata la mezza dopo le dodici.

— A che ora parte la prima corsa? — domandò la mamma che pareva smemorata.

Lina si ricordò di aver letto che per comodo dei viaggiatori era stata fissata una corsa nuova, alle tre del mat-


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