Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/12

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— Avanti, avanti! — gridò il dottore ai necrofori. — Non ingombriamo la scala. Riccardo, conduci tuo padre nella sua camera. Non è in istato di andare al cimitero. Andiamo, Leonardo!

Leonardo si riscosse.

— No! No! Non cercate di trattenermi. Dovessi morire per la strada, la voglio accompagnare. Dammi il tuo braccio, Riccardo.

La signora Valmeroni si avvicinò al dottore: si scambiarono un sorriso che voleva dire: «Ci vuol pazienza!».

Il dottore domandò:

— E dov’è il cavalier Belli?

— A Roma. Una disdetta. Il ministro lo chiamò improvvisamente. Ieri sera telegrafò che sperava di essere qui per i funerali, ma forse non ha potuto.

Un maligno sorriso sfiorò le labbra del dottor Monti.

La bara era stata collocata sul carro, in mezzo ai fiori. Il corteo si formava. Leonardo Valmeroni con la moglie, il figlio Riccardo e le figlie maggiori, Eugenia e Antonietta, seguivano immediatamente il carro; venivano poi i coniugi Pagliardi, la cugina Maria Clementi, figlia di una nipote della defunta, e gli altri tre figliuoli dei Valmeroni: Angelica, Giorgetto ed Erminia. Questi due ultimi, una di quattro anni, l’altro di sette, affidati alla sorveglianza di Angelica, cominciarono subito a sbandarsi, a restare indietro.