Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/13

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Leonardo camminava vacillando, appoggiandosi al figliolo. Erano entrambi due figure distinte, nobili e belle; Leonardo aveva l’espressione dolce e altera del vero gentiluomo. Non conoscendolo, lo si sarebbe preso per il discendente di una vecchia stirpe decaduta, ne aveva le stigmate e le finezze. Invece egli discendeva da una pura stirpe di contadini. I suoi antenati avevano maneggiato assai più la vanga che la spada. A poco a poco, peraltro, quella famiglia di agricoltori si era arricchita e innalzata. Nel 1812 il nonno di Leonardo, il bel capitano Riccardo Valmeroni, era perito nella campagna di Mosca, lasciando alla sua vedova e all’unico figlio una fulgida aureola di gloria pari ad un blasone di nobiltà. La vecchia, quasi centenaria, che i nipoti, i parenti e gli amici accompagnavano al cimitero, era appunto la vedova del capitano Valmeroni. E nessuna vedova poteva vantarsi di aver portato con maggior fierezza e devozione il nome glorioso di un prode. Sposa a quindici anni, madre a diciassette, vedova a venti; e poi, per settantotto anni, niente altro che madre e vedova fedele al suo primo amore: tale era stata la vita di quella donna eccezionale. Leonardo, che ne conosceva tutto il valore, aveva ragione di piangerla così disperatamente. Nonostante la tarda età, essa moriva troppo presto e lasciava un gran vuoto nella sua casa.

Il funerale, partito da via Monforte, dove era