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sola!... Era questo il punto che lo esasperava.
La signora Elisa andò verso di lui sorridente e gaia con una piccola aria di scherno.
— Avanti, caro Luciano, avanti; Eugenia sarà felice di ricevere le vostre congratulazioni; ed io pure. Siete uno dei nostri migliori amici.
Eugenia lo attendeva di piè fermo, fissandolo con i suoi grandi occhi a fior di testa, resi espressivi dall’intensità della commozione.
Il pallore di Luciano e lo smarrimento in lui visibilissimo scendevano come un balsamo al cuore esulcerato della disgraziata, perciò lo contemplava con una specie di ebbrezza.
— Bravo, bravo, siete venuto; avevo quasi paura che non mi voleste onorare della vostra presenza in questo giorno così solenne per me.
Luciano s’inchinò, balbettò qualche frase convenzionale che nessuno afferrò completamente, e stese la mano per stringere quella che Eugenia esitava a porgergli.
A quell’atto, ella non potè indietreggiare, ma impallidì pensando che egli poteva conficcarle gli anelli nella carne e romperle le dita, se si abbandonava solo un momento al furore che gli leggeva negli occhi. La forza muscolare di Luciano le era nota; lo aveva veduto spezzare il ferro con le mani, così. Povera lei, se voleva farle male!
Egli invece la sfiorò e abbandonò la mano ingioiellata come se l’avesse bruciato.