Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/153

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Dopo le otto arrivò Luciano Monti e la sua apparizione, forse inattesa, sollevò un fugace bisbiglio. La vista di Eugenia, che in quel momento discorreva col fidanzato, inchiodò il giovane sulla soglia, pallido come un cencio. Egli, che si credeva preparato a quell’avvenimento e se ne diceva anzi contentissimo, fu sopraffatto dalla realtà visibile, dalle immagini plastiche così terribilmente suggestive. Una commozione violenta quanto impreveduta s’impadronì del suo essere.

L’amava egli dunque quella ragazzona dalle carni fresche e olezzanti come un fiore, considerata per tanto tempo nulla più che un amabile trastullo, un delizioso eccitante? Era l’amore che lo dilaniava così ferocemente? Educato alla ragione del positivo interesse, abituato a non dare importanza altro che alle cose seriamente volute e calcolate, egli non poteva credere alla esistenza di tale amore.

Ma la sua carne fremeva e spasimava; e un dolore atroce lo pungeva in tutte le fibre a dispetto della ragione, contro ogni calcolo del suo interesse. Quel Klein, quel brutto Klein avrebbe dunque posseduto quel corpo che egli aveva così ardentemente desiderato e coperto di carezze... limitate soltanto dalla paura di fare uno sproposito e di essere quindi obbligato a tenersela per tutta la vita. Se almeno l’avesse posseduta interamente una volta, una volta