Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/166

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disperata, le aveva lette di sfuggita, quasi senza fermarvisi su, senza ben comprenderle, come parole di un linguaggio a lei ignoto. Dal momento che egli non la voleva nè moglie nè amante, che valore potevano avere quelle proteste? Nessuno, per lei. Pietosi conforti, raffinati complimenti. Vi sono persone che strappano certe lettere in un impeto di collera, e ne disperdono i lembi avvelenati. Se Maria avesse lacerata la lettera del cavaliere non sarebbe più ritornata su quel primo giudizio. Ella invece l’aveva messa sotto il guanciale e la sua mano febbrile la cercava di tratto in tratto nella veglia notturna: la stringeva fremendo, o la premeva contro le sue guance ardenti, o ne aspirava delirando la sottile fragranza. A poco a poco quella fragranza delicata penetrò nel suo essere, accarezzandole i sensi, intenerendole il cuore con una dolcezza infinita. Nella nuova attitudine del suo essere, ella provò ardentissimo il desiderio di rivedere quei caratteri, di rileggere quelle parole. Forse le riuscirebbe di penetrar meglio nel riposto pensiero di Faustino, ora che si sentiva più calma. Forse l’aveva frainteso, forse vi era più verità in quella parte della lettera da lei trascurata.

Non poteva essere? Accese il lume. I suoi occhi brillavano; aveva le labbra rosse, il viso pallido soffuso di languore. Una dolcissima voluttà serpeggiava nelle sue vene.