Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/168

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delle più dolci visioni, pregustando una felicità completa, fino a che i suoi occhi stanchi si chiusero e il sonno la vinse.

All’alba, le campane di San Babila la fecero sussultare. Alzò la testa stupita; si sollevò sulle coltri, appoggiando un gomito sul guanciale, e guardò la finestra tutta bianca della luce mattutina. Un brivido di freddo le corse le spalle nude, rosate, di una rotondità delicata, sulle quali cadevano mollemente le trecce mezzo disfatte dei suoi magnifici capelli. Sentì un senso di gelo improvviso penetrarla fino al cuore. Si ricoricò sotto le coltri e cercò di raccogliere i suoi pensieri confusi e dispersi. Che aveva? Era malata?... Perchè quel triste risveglio? Si era addormita con un gran dolore nell’anima?... o non piuttosto con una speranza? Riflette. I fatti del dì innanzi le si riaffacciarono nitidamente. Rivide la lettera di Faustino Belli nel casellario della portineria, ricordò l’emozione che aveva provata nel contemplarne la soprascritta, l’impazienza di aprirla, di leggerla, e la prima, straziante delusione, dopo di averla letta. Si rivide disperata, affranta, e rabbrividì. Cosa era avvenuto poi? Perchè aveva finito con l’addormentarsi così dolcemente in una cara speranza?... Ah, sì; una luce si era fatta in lei e il significato della lettera le era apparso tutto diverso. Una grande luce...

Sorrise amaramente. Non le riesciva di ritro-