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celata nell’ombra di una cappella. Camminavano in silenzio, assorte entrambe in un profondo rimpianto; qualche volta i loro sguardi s’incontravano ed era come se parlassero.
Angelica aveva ripreso con sè i suoi due fratellini e per qualche tempo riuscì a tenerli tranquilli, facendoli camminare diritti nelle file. Ben presto però essi ricominciarono i capricci, le rincorse, le fughe lungo i marciapiedi. Poi la piccola Erminia si mise a piangere perchè era stanca e voleva esser presa in collo.
Andò avanti così fino a Porta Volta. A questo punto Giorgetto si mise a gridare che voleva del pane. Aiutata dal Pagliardi, Angelica fece entrare i due piccoli tormentatori in un carrozzone del tramway e andò via con loro, contenta di svignarsela.
Al cimitero monumentale, Leonardo ricominciò a singhiozzare. Faustino Belli gli disse:
— Non vuoi che pronunci qualche parola in onore della tua morta?
— Oh! te ne sarei tanto obbligato!
— Bene; io parlerò, purchè tu non pianga.
Avvertiti i necrofori, la bara fu lasciata sul carro, con i fiori che l’adornavano.
Faustino Belli si avvicinò con aria solenne. La folla si aggruppò intorno al feretro. Il sole irradiava il campo della morte; i marmi splendevano; i fiori esalavano le più intense fragranze; l’aria mite e i prati verdi annunziavano la vicina