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sonora, Faustino disse all’amico del suo cuore:
— Sai una cosa?... Ho rivenduto il tuo Ferramola che avevo comperato da Klein.
Leonardo non fiatò. Un rossore fugace gli colorò la fronte. L’altro continuò imperturbato:
— Ho fatto un buon affare. Figurati, io l’avevo comperato da Augusto per tenerlo, perchè c’era quella figura della santa che mi piaceva immensamente. Quand’è, cinque giorni fa, mentre qui eravate nel massimo daffare per i preparativi di nozze, capita a trovarmi un amico di Londra, un bravo giovane, romano di nascita, ma naturalizzato inglese. Si può immaginare dopo tanti anni quanti discorsi. Sei qui per diporto? — gli chiedo. — No, per affari; ma posso anche divertirmi un poco. — Basta, si fa qualche escursione insieme; di sera ci si ritrova a teatro, o al Cova, o al Biffi. Si parla di tutto fuorchè dei suoi affari, naturalmente. L’altra mattina, di punto in bianco, viene fuori a dirmi che era in Italia per conto del museo, dov’è impiegato, per comprare un quadro del Ferramola... mancando questo pittore alla collezione del museo. A questo nome io non so trattenere una piccola esclamazione. Egli vi si attacca. Insiste per avere un indizio. Gli farei un enorme favore, perchè non è riescito a trovar nulla di buono fra le cose vendibili, neppure a Brescia. Come si fa a resistere. Gli confessai che io ne avevo uno e che mi pareva bello.