Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/209

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Riccardo avrebbe dovuto farsi innanzi e insistere presso suo padre perchè pagasse i debiti e liberasse la casa da quella ipoteca.

— Ne ha pagati, sì. Nei primi giorni gli ho fatto pagare quanto più ho potuto. L’ipoteca sarà presto levata perchè abbiamo sborsato trentamila lire; il resto, quando arrivano gli altri denari, sarà subito estinto. Ma che importa? Dal momento che invece di metterci a vivere in economia si ricomincia da capo a scialacquare, si faranno nuovi debiti. Io però non rimarrò qui a vedere la nostra rovina.

— Dove anderai?

— Lontano. La vita non ha più alcun incanto per me nel mio paese. Voglio andarmene.

— Ma dove?

— Non so... Studiare nelle scuole ormai non posso più. Ho passati i begli anni. Trascinare la vita negli uffici è troppo opprimente... Se fossi amato andrei in campagna. Pregherei mio padre di cedermi il fondo e la casetta di Malgrate, rinunziando in compenso a ogni altra eredità. Così solo, mi manca il coraggio.

— Se non sei amato oggi, lo sarai forse domani: vi sono tante donne che aspettano l’amore. Tu troverai facilmente.

Il crepuscolo si era impadronito dello spazio; per vedere Maria bene in faccia e guardarla negli occhi, il giovine le si avvicinò fino quasi a toccarla.