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guiva nella scuola, le rendeva penoso e triste il lavoro. Lo scopo di tanta fatica?... Il perchè?...
Vivere... soffrire.
Ora ella sperava nel riposo, nella campagna. Forse quella sofferenza veniva in parte dalla stanchezza; era forse la malattia di nervi, il male di moda.
La campagna poteva guarirla.
— Quando si parte?
— Presto, presto — rispondeva la signora Elisa, che stava mettendo degli abiti in una cassa. — Tra due o tre giorni. Avrai tutto il tempo di annoiarti, non temere.
— Annoiarmi? Perchè?
— Perchè la nostra è una campagna noiosa; vedrai.
— Mi pareva invece che ci siamo tanto divertiti otto o dieci anni fa, quando ci siamo stati tutto un autunno con la nonnina.
— Allora avevi dodici o tredici anni e ti divertivi a fare il chiasso. Giorgetto e Erminia si divertiranno moltissimo, vedrai; ma tu no. A meno che non vengano molti amici a trovarci. Io ho fatto qualche invito, ma il signore che comanda adesso in questa casa non vuole che se ne facciano molti, e quei pochi forse non verranno.
— E’ Riccardo il signore di cui ti lagni?
— Chi altri dunque? Non credevo mai che dopo essere stata signora e padrona per tanti anni, mi toccasse ora obbedire ad un ragazzo.