Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/237

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Vorrei l’infinito. Quando mi affaccio da un’altura e guardo l’abisso.... Non vorrei buttarmi giù a capo fitto come dice Tolstoi di quelli che hanno il male russo... no! a capo fitto, no; ma sento in tutto il mio essere il desiderio, quasi il bisogno di lanciarmi nello spazio, e sempre — malgrado la mia ragione — provo un indicibile stupore di non poterlo fare. Non mi sono mai affacciata ad una finestra senza provare, più o meno intensamente, queste sensazioni di slancio, di delusione e di stupore. E un ricordo o una malattia? Sono forse vissuta, prima di nascere sulla terra, in una stella ove gli esseri organici pesano meno delfaria che possono muovere?...“

— A cosa pensi? — domandò la signora Elisa, voltandosi improvvisamente.

Maria si riscosse tutta a quel richiamo inaspettato.

— Dormivi?

— Sognavo.

— Amore?

— No, zia.

Angelica entrò nella camera vestita di tutto punto per uscire. Indossava un vestito di batista velata rosa pallido con ricami e trine. Le spalle ed il petto trasparivano in un latteo candore dalle trine e dai ricami. In capo aveva un cappellino di paglia ornato da un mazzo di rose finissime. Non pareva più la monella di alcuni