Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/259

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— Credi tu che le signorine ricche siano più felici di noi? — domandò Antonietta.

— Più felici di noi, certo.

— Chissà. Io le credo soltanto più illuse. Se io fossi stata ricca, per esempio, Isidoro mi avrebbe sposata col consenso di sua madre; e io mi stimerei felice. Ma non lo conoscerei; non sospetterei neppure quanto egli possa essere debole e prepotente insieme. Sarei, dunque, assai più felice, è vero; ma anche assai più ignorante. E meglio sapere e soffrire o ignorare e godere?

— Ciò che il cuore ignora non esiste.

— Se non esistesse il dubbio avresti ragione. Tu peraltro non puoi dimenticare che il dubbio è inevitabile per chi possiede una intelligenza che pensa, che osserva, che raffronta. E allora non c’è illusione che resista, non ricchezza che protegga; il dubbio fa inesorabilmente il suo cammino e distrugge l’illusione. Meglio sapere dunque alla bella prima: meglio affrontare la realtà, e avere poche gioie vere, o non averne punto, che vivere in un mondo falso, tra i sogni nostri e le menzogne altrui.

— Chissà — sospirò Maria. — Chissà. Forse non esistono gioie vere nella nostra vita circoscritta. Forse la poca felicità nostra non è che illusione. Ma nell’illusione si gode. Gli illusi, anche se poi discoprono il loro inganno, qualche cosa hanno goduto. Invece, se non sappiamo o