Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/268

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turi. Sapeva troppo bene che Antonietta non ritornerebbe a Pavia; quella era dunque una scusa.

Vi fu un istante di silenzio.

Il buon Leonardo intuì che quel rifiuto ostinato feriva il cuore di Paolo, e credè opportuno di far osservare all’Antonietta che era poco gentile col loro amico. Ciò bastò perchè questi subito si rimettesse col suo spirito pronto e l’abituale scioltezza.

— Che dice mai, signor Leonardo? La signorina non potrebbe essere più cortese. Il torto è mio di avere insistito troppo, e ne chiedo scusa a tutti... Sono un ozioso, lo ripeto: cerco distrazioni e dimentico che gli altri sono occupati e non hanno tempo da perdere.

Tutti protestarono. Antonietta gli stese la mano che egli strinse con franca cordialità.

— Dunque la rivista va a monte? — domandò Riccardo, dopo altri discorsi.

— Io sono sempre pronto. Non mi ritiro affatto. Del resto loro adesso vanno in campagna; io verrò a trovarli, se permettono, e ne riparleremo.

Cominciò l’arrivo delle solite visite serali. Primo il dottor Monti, poi l’Ermondi, il misterioso taciturno fotografo. Salutò, sedette e tacque, come sempre.

— E sua sorella? — domandò una delle ragazze.

— Sarà qui a momenti.