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invece, senza farsi pregare, la piccola Lucia — il sorcietto, come l'avevano già battezzata.
Ebbene, il sorcietto aveva non solo una magnifica voce, ma benanche uno squisito senso artistico e conosceva bene la musica. Fu molto ammirata e festeggiata. Solo Camillo Bressani — il futuro divo — le disse:
— Si guardi bene dal cantare così nelle società, come una dilettante. Ci si guasta e si perde il prestigio; bisogna che il pubblico sappia e tenga a mente che l’arte è preziosa: e chi ne vuol godere, deve pagarla e pagarla cara.
A una cert’ora Giuditta entrò col vassoio dei rinfreschi e la serata si prolungò.
— Fin che ce n’è si sciala! — pensava Riccardo aggrottando le folte ciglia. — Musica e canti; lucerne e candele accese fin dopo la mezzanotte; rinfreschi e... debiti coi fornitori!
In cucina, la vecchia serva che non appariva più nelle sale dopo l’entrata in servizio della Giuditta, brontolava a sua volta:
— Se invece di sprecare tanti denari la mia padrona mi rendesse le mille lire che le ho prestate! — E giurava di finirla: di parlare al signor Leonardo o a suo figlio; mentre in fondo sapeva bene che non lo avrebbe mai fatto.
Intanto Erminia e Giorgetto, che la Giuditta non aveva trovato il tempo di mettere a letto, facevano il chiasso in portineria, in corte, sulle scale.