Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/271

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Capitò anche un amico di Riccardo, studente al Politecnico, e infine Luciano Monti che non si lasciava più vedere da qualche tempo.

Poco dopo passarono tutti nel salotto per fare un po’ di musica.

Leonardo, che era insolitamente di buonumore, si mise al piano. Cecilio Festi aveva portato il mandolino; l’Ermondi, la sua mandòla.

— Riccardo, va a prendere la chitarra — disse Leonardo. — Ci ho qui un valzer per pianoforte, chitarra e mandolini.

Il giovane portò la chitarra per compiacenza brontolando:

— Se qualcuno mi potesse sostituire!

Venturi si offrì bonariamente.

— Sono uno strimpellatore, ma per sollevare un amico, farò quel che potrò.

— Bravo! questo si chiama aver cuore.

Paolo Venturi si rivelò un buon dilettante; e ciò lo rese ancora più simpatico a Leonardo. Il pezzo fu bene eseguito. Flora Ermondi cantò un duetto con Cecilio Festi; Antonietta, pregata da suo padre, cantò pure qualche cosa.

— E il tenore non vuol farci sentire la sua bella voce?

Egli si scusò: il maestro gli aveva proibito di cantare per divertimento; e non aprì bocca.

Tutti sapevano che non avrebbe cantato: sapevano che non voleva prodigarsi. Ed appunto perciò si divertivano ad insistere. Cantò