Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/278

Da Wikisource.

— 280 —

Alle cinque uscì, incamminandosi verso il cimitero. Subito i suoi pensieri si rivolsero al passato e i ricordi giovanili e i vaghi, nebbiosi, dolcissimi ricordi dell’infanzia gli sgorgarono dal cuore. Rivide la sua giovane mamma, sempre allegra e sorridente, amante degli svaghi, ma buona, tenera, affettuosissima. Certo era la tetraggine della sua casa che la spingeva fuori, alle passeggiate, alle feste, in cerca di distrazioni.

Paolo ricordava troppo bene cosa era stata la sua casa sotto la direzione fredda, compassata della nonna paterna, una donna orgogliosa e arcigna, che non poteva soffrire la nuora. In quella casa, fin da ragazzo, guidato dalla precoce intelligenza, egli aveva penetrato ciò che vi ha di falso in certi sistemi famigliari. Là nella casa paterna, egli aveva sentito pesare sulla sua piccola anima la fatale ipocrisia, i feroci egoismi, le prepotenze appena larvate che si accompagnano abbastanza spesso alle massime di alta morale, al severo principio di autorità. Egli aveva riconosciuto in suo padre un onesto tiranno, convinto di valersi d’un sacro diritto, mentre imponeva ai famigliari la sua prepotente volontà e la implacabile sordidezza del suo animo; in sua nonna, uno spirito orgoglioso che si ricattava in vecchiaia delle mortificazioni patite in gioventù. Se pure non era stata una santa, sua madre gli appariva la più simpatica. Compressa nel suo temperamento esuberante,