Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/326

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— Proprio oggi? — pensò Maria aggrottando le ciglia.

Iva bambina alzò la testa dall’abbecedario.

— Ebbene? Continua.

— Non andiamo giù a vedere quel signore?

— Andremo. Ora leggi.

La piccina di malumore si rimise a guardare le lettere.

— Sono stanca. Quel signore mi avrà portato dei dolci?

— Oh, giusto! Sta attenta. Leggi qui.

Ma non ci fu verso di farla leggere. Giorgetto intanto arrivò di corsa a chiamare Maria.

— La mamma ti prega di scendere; vieni, c’è il cavalier Belli.

— Va bene; va a dire che scendiamo.

— Vado io! — gridò la bimba correndo dietro al fratellino.

Maria restò qualche tempo immobile, pensosa. Quell’ostinazione, quella sfacciataggine che ella attribuiva unicamente all’interesse materiale, la irritavano. Decise di non muoversi: era nel suo diritto.

„La zia mi chiama perchè non sa nulla; ma egli non deve stupirsi di non vedermi.“ Prese un libro e si mise a leggere. Aveva letto poche pagine che già un’altra persona veniva a cercarla. Era Angelica.

— Il cavaliere resta a colazione. Puoi venire ad aiutarmi un poco?