Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/337

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stelle che ella tanto amava, scintillavano invano nel cupo azzurro; ella non le guardava. Immobile, la fronte chinata, ascoltava involontariamente i misteriosi rumori della notte, il movimento ritmico delle acque del lago. E quei vari suoni confusi le molcevano il cuore come una nenia lamentosa. Era il lamento diffuso delle cose che soffrono? Era il gemito dei morenti che agonizzavano in quell’ora tragica?... Dio! quanto dolore, che schianti, che lagrime! A schiere, a schiere dalle piaggie verdi, dai colli ubertosi, dalle vette superbe dei monti, dalle opime valli, ella vedeva movere i disperati, gli affamati, gl’infermi, i feriti a morte, e dalle loro labbra livide uscivano suoni inarticolati di pietà, di preghiera, gridi di collera, imprecazioni disperate.

Il ronzìo inesplicabile che animava il silenzio, i rumori misteriosi erano forse l’eco di quelle voci scroscianti, di quei gemiti, di quei sospiri?... Quanto immenso dolore in mezzo a tanta calma, circondato da così spensierata, o ignara, o spietata indifferenza!

„O Antonietta! Antonietta, sorella mia, dove sei tu in questo momento?“

Il passo di un cavallo, il cigolìo di una ruota le strapparono un grido di angoscia e di gioia.

— Una carrozza!... È lei... Oh! Antonietta sei qui finalmente!

La speranza fu così viva che non dubitò neppure di potersi ingannare. Ascoltava palpitante,