Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/378

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— Me ne duole per lei. Quanto a me, poco importa. Non sono certo queste trecentomila lire che mi faranno mutar consiglio.

— Mi odiate dunque a tal punto?

Maria lo guardò corrucciata.

— No, cavaliere, non c’è odio in me. Non l’amo e basta.

— Non basta! — esclamò Faustino esasperato — È assurdo anzi. Non si rinunzia così all’agiatezza, all’indipendenza. Se non vi sono odioso, vuol dire che amate un altro. Dite la verità almeno!

Con un lampo di sdegno che la rese più bella, la fanciulla ribadì:

— Questo non la riguarda. Le deve bastare di sapere che non amo lei. Del resto, ora che so la possente ragione che indusse il cavalier Belli, l’elegante gentiluomo a chiedere in moglie l’umile maestrina, non l’amerei più, se pure l’avessi amato.

— ... Il denaro!... Voi credete, Maria, voi credete che io vi abbia chiesta per il denaro? Oh! il pregiudizio... il pregiudizio!... Mi stimate capace di sposare una donna che non mi fosse cara per una somma, così?... Ne incontrai più di dieci nella mia vita che mi avrebbero reso quasi milionario, se avessi voluto. Neppure per trecento milioni sposerei una donna che non mi piacesse. Ma neppure sposerei una donna amata per farla vivere in penose ristrettezze. Oh! Maria,