Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/62

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I mobili necessari alla vita quotidiana, erano confinati negli angoli più scuri per cedere tutta la luce ai quadri, ai bronzi, alle terre cotte, alle ceramiche, alle spinette ed agli altri istrumenti più o meno inservibili.

Le mensole, i cassettoni, le credenze erano gremiti di vecchie ceramiche sbreccate, di monete antiche, di medaglie, di strani gioielli, amuleti e simili cose. A poco a poco crescendo la famiglia, i ragazzi mettendo le mani su ogni cosa, Leonardo stesso avendo contribuito ad ingombrare l’appartamento colle sue invenzioni, le sue costruzioni inaspettate, tra le quali il grande organo confinato nell’anticamera, bisognò risolversi a vendere o a raccogliere tutta quella miscellanea in un apposito locale.

Vendere non era facile, pure volendo. Alcuni negozianti cercarono di avere per poco prezzo le cose migliori; sentendo però che il Valmeroni voleva vendere tutto o nulla, si allontanavano brontolando.

Un anno, intorno all’ottanta, essendo rimasto sfittato un appartamento di sei stanze al secondo piano, Leonardo decise di farvi portare i quadri e il resto. Solo alcune tele rimasero a decorare l’appartamento abitato dalla famiglia.

L’appartamento del secondo piano così occupato non si affittò più, e Riccardo faceva il conto che in dieci anni erano da sei a settemila lire perdute per la famiglia.