Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/67

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mi sono nati tutti tra i venticinque e i quarantaquattro.

Con questi pensieri che gli passavano per la testa a sbalzi, senza legame, come sciami di farfalle notturne, egli andava da una stanza all’altra, tenendo nella mano sinistra una lucerna a petrolio dalla campana di vetro bianco imitante la porcellana; nella destra, uno spazzolino di penna rosso e verde. Camminava lento, fermandosi ad ogni tratto, alzando la lampada per contemplare una volta di più certe figure, certe teste, mentre colla mano destra faceva correre il piumino sull’oro delle cornici. Così illuminate, le parti chiare dei dipinti, le carni, la biancheria e i veli delle vergini avevano improvvisi splendori, lampeggiamenti di vita, mentre i fondi un po’ cresciuti, in certi quadri neri addirittura, apparivano cupi e pieni di mistero. Le madonne coprivano le pareti in lunghe file. Ve ne erano di tutte le epoche, di tutti gli stili, d’ogni dimensione, col manto o senza manto, velate o non velate. Donzellette adolescenti dalle linee pure o stecchite: superbe matronali bellezze dai tratti larghi, dagli occhi grandi a fior di testa; quasi tutte di pittori mediocri o ignorati del quattrocento in poi: peggio ancora: imitazioni sfacciate, eseguite a un secolo o due di distanza e recanti firme apocrife. Abbondavano le tele nere del seicento: ritratti di personaggi sconosciuti; episodi di storia an-