Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/79

Da Wikisource.

— 81 —

come una schiava... L’ha oppressa, schiacciata... le ha tolto ogni energia!

Ella s’interruppe. Erano arrivate.

Entrando nell’elegante abitazione, trovarono la sorella dell’avvocato, la signora Rosalia Pagliardi, vedova Arquati, invitata a colazione, come il solito di ogni festa.

Era costei una donna sui settant’anni. In gioventù aveva fatto da madre al fratello, minore di lei di dieci anni. Perciò l’avvocato l’amava molto, quasi la venerava e intendeva che sua moglie facesse altrettanto; ma tutta la sua autorità non bastava ad ottenere un risultato così difficile. Le due donne si odiavano, e il loro odio compresso, soffocato dalla presenza e dalla volontà del padrone spargeva intorno una sottile, penetrante amarezza.

Vedova, modestamente agiata, limitatissima di spirito e di coltura, la signora Pagliardi Arquati aveva un unico passatempo: la maldicenza; e due affetti esaltati fino all’idolatria: suo fratello e suo figlio.

— L’è qui questa seccatura — mormorò l’Ersilia appena vide la cognata.

Maria, che la conosceva di già, si affrettò a complimentarla, e l’Ersilia e l’Antonietta fecero altrettanto. La vedova Arquati accoglieva i complimenti e rispondeva con molto garbo, mostrandosi espansiva anche con la cognata come se le avesse voluto un bene dell’anima. Era però