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156 la dama della regina

citare una composizione in versi nella sua lingua; alcuni passi più innanzi s’accorse che ossa leggeva e si fermò ad ascoltare.

Dolci e malinconici erano i versi. Il poeta aveva dato forma lirica ai lamenti, alle speranze, ai voti di una giovine prigioniera che temeva di essere condannata, e non voleva morire ancora. No, ella non voleva morire, perchè era giovine, perchè era bella, perchè aveva diritto di vivere, come la spiga immatura, come i pampini verdi. Ella non voleva l’orribile morte. La sua vita breve si era svolta in mezzo alle tempeste, ai turbini, in continua tristezza: ma ella sapeva che non tutti i giorni sono così brutti; sapeva che vi sono giorni belli, deliziosi: ore dolci; e il suo cuore pieno d’illusioni sperava di godere alcuni di quei bei giorni, di quelle dolci ore... e non voleva morire prima. La morte doveva allontanarsi da lei; lontano, lontano doveva andare; doveva colpire i disperati, gli stanchi della vita; i vecchi insecchiti, col cuore logoro da rimorsi... ella era giovine: ella sognava la dolcezza dell’amore, e non voleva morire ancora.

La voce della lettrice già illanguidita si spense in un singhiozzo. Anche Elena, anche Ettore avevano gli occhi umidi di pianto.

— Di chi sono questi versi? — domandò Aurelio.