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74 la dama della regina

ghevole come un giunco, di una salute evidentemente troppo fragile. Veniva a salutare le amiche, ma non poteva prender parte alla scampagnata; non si sentiva in forza quel giorno. Ella parlava con una vocina sottile un po’ velata: le sue labbra rosse come il corallo spiccavano stranamente nel volto pallido dagli occhi infossati. A guardarla veniva da sospirare involontariamente.

Ella si congedò quasi subito per timore dell’aria mattutina e tutti gli sguardi la seguirono.

Ettore Almerighi capitò in buon punto a dissipare l’ombra malinconica che la nipote del podestà lasciava sulle sue orme. Ettore montava un magnifico cavallo di recente acquisto. Difficilmente si poteva immaginare un più bel cavaliere. Pure seguendo le mode egli appariva sempre diverso dagli altri, perchè l’eleganza era in lui, nella sua figura, nei movimenti, nel modo di portare gli abiti. Egli indossava quella mattina la grande redingote di panno verdone dalle ampie risvolte, sul panciotto chiaro a ricami, col ricco jabot, le brache di velluto e gli alti stivali: in testa portava un cappello nero a cupolino alto rastremato con larghe tese che gittavano un ombra pittoresca sulla sua fronte candida, sul profilo fidiaco. I lunghi capelli sciolti alla repubblicana, leggermente ondulati, di un bel