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Quelli esprimono sempre la nostra potenza, questi per contro la nostra impotenza e la nostra ignoranza

3) Le nostre azioni, cioè i desideri determinati dalla nostra potenza, dalla ragione, sono sempre buoni: gli altri possono essere buoni o cattivi

Il fine supremo della vita è la conoscenza di Dio: bene è "tutto ciò che ad essa ci conduce: in questo senso possono essere beni (relativi ed imperfetti) anche le passioni buone (n. 4-5).

4) Nella vita è in primo luogo utile perfezionare quanto possiamo l’intelletto o ragione e in questo solo consiste la somma felicità o beatitudine dell’uomo: poiché la beatitudine non è altro che la serenità (acquiescentia) dell’animo, la quale nasce dalla conoscenza intuitiva di Dio; e perfezionare l’intelletto d’altra parte non è che comprendere Dio, i suoi attributi e gli atti che procedono dalla necessità della sua natura. Perciò il fine ultimo dell’uomo, che vive secondo ragione, cioè il desiderio supremo, col quale si studia di moderare tutti gli altri, è quello che lo porta a concepire adequatamente sè e tutte le cose che possono cadere sotto la sua intelligenza.

5) Nessuna vita razionale è pertanto senza intelligenza e le cose in tanto sono buone in quanto servono all’uomo a godere di quella vita della mente che è l’intelligenza. Quelle cose invece che impediscono all’uomo di perfezionare la ragione e di godere della vita razionale sono cattive.

L’uomo, essere isolato nella natura fra potenze in gran parte ostili, deve provvedere alla propria conservazione allontanando da sè ciò che gli è contrario ed unendosi con ciò che gli è simile e lo favorisce (n. 6-8).

6) Ma poiché tutte le cose, di cui l’uomo è causa efficiente, sono buone necessariamente, nulla di male gli può venire se non dalle cause esterne: in quanto cioè è parte della natura universa, alle cui leggi la natura umana deve obbedire ed a cui è costretto ad adattarsi in infinite maniere.

7) L’uomo non può non far parte della natura e non seguirne l’ordine: ma se si accompagnerà ad esseri che si accordino con