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Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/134

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CCXXXVII

Rassegnazione.

     S’io credessi por fine al mio martíre,
certo vorrei morire;
perché una morte sola
non occide, consola.
Ma temo, lassa me, che dopo morte
l’amoroso martír prema piú forte;
e questo posso dirlo, perché io
moro piú volte, e pur cresce il disio.
Dunque per men tormento
di vivere e penar, lassa, consento.


CCXXXVIII

Non sa come provargli l’amor suo.

     Con quai segni, signor, volete ch’io
vi mostri l’amor mio,
se, amando e morendo ad ora ad ora,
non si crede per voi, lassa, ch’io mora?
Aprite lo mio cor, ch’avete in mano,
e, se l’imagin vostra non v’è impressa,
dite ch’io non sia dessa;
e, s’ella v’è, a che pungermi invano
l’alma di sí crudi ami
con dir pur ch’io non v’ami?
Io v’amo ed amerò fin che le ruote
girin del sol, e piú, se piú si puote;
e, se voi nol credete,
è perché crudo sète.