Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/140

Da Wikisource.
134 gaspara stampa


     Allor le pastorelle innamorate31
avean mai sempre seco i lor pastori,
dai quai non eran mai abbandonate.
     Con lor dai primi matutini albori34
scherzavan fin al dipartir del sole,
lietamente cogliendo e frutti e fiori.
     Ed or di vaghe rose e di viole37
tessevan vaghe ghirlandette e care,
come chi sacri altari onora e cole.
     Né la quiete lor potea turbare40
l’émpito de le guerre amaro ed empio,
che l’umane allegrezze suol cangiare:
     guerre che fan di noi sí crudo scempio,43
guerre che turban sí l’umano stato,
guerre suggetto d’ogni crudo essempio.
     Ben fu fiero colui, per cui trovato46
fu prima il ferro, causa a tanti mali,
quanti il mondo prova ora ed ha provato.
     Le guerre e le battaglie de’ mortali49
erano tutte in quella etá novella
contra i semplici e poveri animali;
     contra’ quali il pastor, la pastorella52
con rete in spalla e con lacci e con cani
givan cingendo questa selva e quella.
     Ma poi quegli appetiti ingordi, insani55
di posseder l’altrui robe e l’avere
da l’antica pietá si fêr lontani.
     Quindi si cominciar prima a vedere58
le crude guerre e strepiti de l’armi,
che fan, misere noi, tanto temere.
     Allor sonare i bellicosi carmi61
s’udiro per citade e per campagne,
contra’ quai ogni stil convien che s’armi.
     Di lor convien ch’io mi lamenti e lagne:64
la lor mercede, il mio signor m’è lunge;
per lor non è chi, lassa, m’accompagne.