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Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/155

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ii - rime varie 149


CCLVII

A Vinciguerra II da Collalto.

     O inaudita e rara cortesia,
donar i pregi del suo proprio onore
ad una donna umil, che ’l proprio core,
non pur altro, non ha che di lei sia!
     Ben v’avea fra tutti altri alzato pria
a chiaro segno il vostro alto valore,
senza nova cercar gloria e splendore
per questa disusata e rara via;
     sí che non resti modo alcuno in terra,
ond’uom possa poggiar per farsi chiaro,
non cerco da l’illustre Vinciguerra.
     O spirto, in mille guise eccelso e raro,
qual vena d’eloquenzia petto serra,
che possa gir a le tue lodi a paro?


CCLVIII

Allo stesso.

     Signor, da poi che l’acqua del mio pianto,
che sí larga e sí spessa versar soglio,
non può rompere il saldo e duro scoglio
del cor del fratel vostro tanto o quanto,
     vedete voi, cui so ch’egli ama tanto,
se, scrivendogli umíle un mezzo foglio,
per vincer l’ostinato e fiero orgoglio
di quel petto poteste aver il vanto.
     Illustre Vinciguerra, io non disio
da lui, se non che mi dica in due versi:
— Pena, spera ed aspetta il tornar mio.—
     Se ciò m’aviene, i miei sensi dispersi,
come pianta piantata appresso il rio,
voi vedrete in un punto riaversi.