Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/281

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i - terze rime 275

     28Or, mentre sono al vendicarmi intenta,
entra in steccato, amante empio e rubello,
e qualunque armi vuoi tosto appresenta.
     31Vuoi per campo il segreto albergo, quello
che de l’amare mie dolcezze tante
mi fu ministro insidioso e fello?
     34Or mi si para il mio letto davante,
ov’in grembo t’accolsi, e ch’ancor Torme
serba dei corpi in sen l’un l’altro stante.
     37Per me in lui non si gode e non si dorme,
ma ’l lagrima! de la notte e del giorno
vien che in fiume di pianto mi trasforme.
     40Ma pur questo medesimo soggiorno,
che fu de le mie gioie amato nido,
dov’or sola in tormento e ’n duol soggiorno,
     43per campo eleggi, accioch’altrove il grido
non giunga, ma qui teco resti spento,
del tuo inganno ver’ me, crudel infido:
     46qui vieni, e pien di pessimo talento
accomodato al tristo officio porta
ferro acuto e da man ch’abbia ardimento.
     49Quell’arme, che da te mi sará pòrta,
prenderò volentier, ma piú, se molto
tagli, e da offender sia ben salda e corta.
     52Dal petto ignudo ogni arnese sia tolto,
al fin ch’ei, disarmato a le ferite,
possa ’l valor mostrar dentro a sé accolto.
     55Altri non s’impedisca in questa lite,
ma da noi soli due, ad uscio chiuso,
rimosso ogni padrin, sia diffinita.
     58Quest’è d’arditi cavalier buon uso,
ch’attendon senza strepito a purgarsi,
se si senton l’onor di macchie infuso:
     61cosi o vengon soli ad accordarsi,
o, se strada non trovano di pace,
pòn del sangue a vicenda saziarsi.